Sto scrivendo un libro sul Pricing (la quarta P del Marketing) e in queste vacanze sto leggendo, armata di penna ed evidenziatore, una serie di libri che riguardano più o meno alla larga l'argomento.
Tra questi, alcuni saggi di psicologia comportamentale (perchè le persone si comportano in un certo modo? fanno determinate scelte? comprano o non comprano a determinati prezzi?) ed economia comportamentale (sapevate che il premio Nobel per l'economia è stato dato nel 2002 al prof. Kahneman, esperto di questa materia?).
Una che legge questi mattoni di ferragosto, voi direte, non ce li ha tutti a casa, e avete ragione, ma a mia discolpa posso assicurare che i contenuti sono molto interessanti e che fra un mattone e l'altro ho letto anche Camilleri e Stieg Larsson (Pamuk invece langue sul comodino).
In pratica, ho trovato qualche consolante riscontro al mio storico dubbio sulla validità delle cosiddette curve di domanda e di offerta, che molti di noi hanno studiato in microeconomia. Secondo la teoria microeconomica, quando si tratta di comprare le persone prendono decisioni perfettamente razionali: il prezzo aumenta, comprano di meno; diminuisce, comprano di più. Così si costruisce la curva di domanda. L'acquisto si verifica al prezzo in cui la curva di domanda incontra quella di offerta.
Tutto chiaro, tutto bello, in teoria. Ma in pratica? Provate a chiedere a un piccolo imprenditore se conosce la curva di domanda non dico di tutti i suoi prodotti, ma almeno di quello più venduto. Vi guarderà con occhi bovini, e a ragione.
- Primo, come si fa a calcolare la curva di domanda?
- Secondo, sono proprio sicuro che tutti i miei clienti si comportino nello stesso modo?
Per questo mi è sembrato molto illuminante leggere gli studi degli economisti comportamentali, che dicono in pratica: quando si tratta di prezzi e di decisioni di acquisto non tutte le decisioni sono razionali.
Anzi: le emozioni, i valori-ancora, le percezioni individuali e il passato delle persone giocano ruoli fondamentali, così che a volte le decisioni di acquisto non sono razionali per niente. Questo vale soprattutto nel business-to-consumer, ma anche nel business-to-business. E qui si apre tutto un mondo di possibilità al bravo markettaro che si interessa di pricing, perchè le decisioni di acquisto hanno sempre luogo nella mente umana che per quanto faccia uso di database e di fogli Excel ha sempre una componente imperfetta, intuitiva, irrazionale: umana, per l'appunto.
Tutti gli ordini di acquisto, anche emessi in automatico dal SAP, sono firmati da una persona.
E per parlare di pricing è bene intendersi non solo di vendite, marketing, contabilità e controllo di gestione, ma anche di psicologia. In particolare di psicologia comportamentale. Ecco spiegato l'arcano delle mie letture estive.
Questo post si sta facendo lunghetto per cui per ora vi lascio qui, suggerendo se volete di cominciare a leggere questo interessante articolo della Harvard Business Review "Getting Customers to Choose You" (Far sì che i clienti scelgano te) di cui vi parlerò presto.
anche, Andrea
ormai il pricing riguarda tutte le microaziende, dunque anche i professionisti
Scritto da: Cristina Mariani | venerdì, settembre 02, 2011 a 06:50 p.
Sarò in prima fila per comprare il libro, parli anche di professionisti ?
Scritto da: Andrea | mercoledì, agosto 31, 2011 a 02:38 p.
Grazie Cristina, per quanto di voglia credere che tutto sia matematico, razionale e prevedibile, in realtà non è così, come ci ricordi.
C'è sempre un elemento di emotività, di psicologia, di personalità che entra in gioco e questo conta tanto di più quanto più ci si allontana dal B2B duro e puro e si scivola verso il B2C.
La buyer persona che ci hai insegnato a considerare tempo fa è ciò che permette di comprendere meglio anche l'elemento prezzo.
Grazie per avercelo ricordato
Paolo
Scritto da: paolo pugni | mercoledì, agosto 24, 2011 a 05:05 p.