Giusto stamattina mi confrontavo con un collega sulla piaga dei docenti-consulenti-ecc. senza esperienza di impresa.
C'è il caso concreto di un'azienda in crisi che si rivolge ad uno di questi "professori" universitari per un aiuto disperato. Il luminare compila un roboante piano (tutto grafici, bei colori...) per la modica cifra di quasi €100.000.
Piccolo particolare: il "piano" non comprende neanche un consiglio, un riferimento, una traccia per la strategia commerciale e di rilancio. Nessuna indicazione sulla strada da seguire per recuperare clienti, fatturato, ordini, margini, redditività. Ci sono anche degli errori nella riclassificazione del bilancio (ossignur, un professore non dovrebbe saper fare ALMENO questo?)
Vedremo se l'azienda si salverà. Sarebbe un peccato se un'azienda viva da 80 anni morisse proprio ora.
E proprio oggi, per una delle strane coicidenze della vita, Seth Godin, guru del marketing e mio mito personale, scrive questo:
"Studiare l'imprenditoria senza farla, è come studiare l'apprezzamento della musica senza ascoltarla."
Là fuori è' pieno di gente che consiglia gli imprenditori senza aver mai fatto impresa. Nel mio campo, gente buttata fuori dalle agenzie di pubblicità e dai reparti marketing delle grandi imprese.
E allora poi succede che gli imprenditori, scottati da questi falsi esperti, non si fidano più dei consulenti e non sanno riconoscere quelli che sanno (PERCHè HANNO FATTO!) da quelli che sanno e basta (forse).
Scusate lo sfogo. Qui c'è da salvare una paccata di piccole imprese che stanno alla canna del gas e non sanno da che parte girarsi per trovare aiuto.
Mi piange il cuore vederle morire, quand'anche hanno un buon prodotto e decenni di storia, per mancanza di competenze e di illuminazione.
E non sempre le associazioni di cartegoria sanno riconoscere i venditori di fumo. Ho sotto gli occhi il caso clamoroso di una confindustria locale che fa lavorare uno di questi, lo mette in aula, e io mi strappo i capelli perchè mi chiedo, ma come fanno a non vedere che uno che scrive roba tipo "soddisfiamo tutte le esigenze del cliente" sul suo sito NON PUò essere un valido aiuto per le imprese (amici del corso Confartigianato Bergamo, sapete a chi mi riferisco vero.....)?
Scusate, mi sono tolta un altro sassolino.
E speriamo che lo Spirito Santo illumini qualche illustre responsabile per la formazione in università e altrove.
(PS per chi non mi conoscesse, sono stata imprenditrice per 15 anni. Forse non una grande imprenditrice, ma una che sa cosa vuol dire fare impresa perchè l'ha vissuta sulla sua pelle . anche facendosi male).
Ho finora letto "a sbafo" i vostri commenti, di ognuno dei quali condivido qualcosa.
Nella mia esperienza (dirigente, non consulente nè imprenditore) penso che i consulenti di cui un'azienda dispone siano quelli che l'azienda "si merita"...
Di seguito riporto un giudizio che ho espresso su LinkedIN, riferito ad una persona specifica ma che ben individua il nostro "standard di consulente":
"Xxx è un consulente concreto, che si preoccupa che il suo lavoro non sia "calato dall'alto" ma sia compreso e fatto proprio dalle persone a cui è rivolto.
Xxx dedica impegno e attenzione nel trovare soluzioni contrattuali che soddisfino il cliente, in particolare per un impiego ottimale del tempo (il suo e quello dello staff)."
Scritto da: Alberto Riva | sabato, aprile 06, 2013 a 05:06 p.
Certo che sappiamo a chi ti riferisci!
Scritto da: Diego Barbetta | martedì, aprile 02, 2013 a 06:02 p.
Io sono del tutto d'accordo con Riccardo Polesel; non è che tutto il bene stia da una parte e tutto il male dall'altra. Spesso l'imprenditore ha la soluzione ai suoi problemi sotto il naso e non la vede perchè ha sempre vissuto nel suo mondo autoreferenziale: i consulenti (ovviamente quelli seri) hanno un compito importantissimo da svolgere e non è vero che se non sono stati nella loro vita imprenditori non servono a niente (a parte il fatto che un consulente è comunque un imprenditore di sè stesso).
Scritto da: Enrico Tonetto | mercoledì, marzo 27, 2013 a 07:06 p.
Condivido con forza ciò che hai scritto ,è come sentire parlare di figli da chi non li ha .
Un azienda piccola o grande ti catapulta in situazioni e stati d'animo che solo chi la vissuta dal suo stato ebrionale al suo fato , può parlarne con l'enfasi e la convinzione ,sapendo indicare come stare attenti a ciò che appare in un modo ma non è ciò che sembra , oltre ad aver affinato la scelta dei dettagli e dei segnali che sono linfa per la propria attività.
Grazie Cristina
Scritto da: Gabriele Ottaviani | mercoledì, marzo 27, 2013 a 12:32 p.
@Riccardo
Seth pone l'enfasi sul sentirsi imprenditore, non puoi sapere cosa vuol dire finchè non l'hai fatto. Ci sono validissimi consulenti (tra cui alcuni con cui collaboro) che non hanno mai fatto l'imprenditore, e lavorano benissimo e in modo efficace; ma io l'imprenditore lo capisco, come dire, nell'animo. So mettermi nei suoi panni perchè ci sono stata.
C'è un'empatia che ci accomuna.
La tremarella, a volte, del fine mese, il pensare ai dipendenti e alla responsabilità che hai nei loro confronti, l'orgoglio quando vedi i tuoi prodotti in vetrina o per strada, l'intuizione che a volte una cosa la sai e la fai ma non sai spiegare il perchè, ma è così e la fai anche se nessuno ti capisce e ti approva, e poi i fatti ti danno ragione (spesso ma non sempre). E anche le facciate le paghi, brucianti, sulla tua pelle, e fanno più male, perchè a fine mese lo stipendio non te lo da nessuno.
Tutte queste cose il non-imprenditore non le ha mai provate. Sono le soft-skills del fare impresa, quelle che ti danno una visione diversa, magari non migliore, ma diversa da quella del dipendente. Io mi sento ancora imprenditrice, è nel mio DNA. Non so come spiegarla, ma è così.
Scritto da: CM | martedì, marzo 26, 2013 a 09:53 p.
Cristina, capisco lo sfogo e lo condivido, però non in toto. Avere esperienza di impresa non significa solo essere, o essere stati, imprenditori. Aver collaborato con 50 aziende può essere più utile che averne fondata una per dare consigli. La differenza sta nel saper fare e non solo nel sapere, proprio come dici tu. E, diciamocelo, si vede subito dal progetto: purtroppo le logiche di scelta sono spesso oscure, per non dire illogiche. Tanto per citare Godin, per capirne di musica non è sufficiente essere, o essere stati, musicisti. Per il resto, sono con te al 100% nella lotta contro i venditori di fumo e lo sai.
Scritto da: Riccardo Polesel | martedì, marzo 26, 2013 a 06:29 p.
Buonasera Cristina. concordo in pieno con le sue parole. spesso sono le stesse persone che con estrema facilità dicono: "l'impresa non rende? allora chiudi!"
certo, si fa presto a parlare..
Scritto da: francesco | martedì, marzo 26, 2013 a 06:19 p.
Parole vere. Cristina. Tra il dire e il fare, c'è di mezzo l'essersi fatto male. Tuttavia, non butterei neanche l'esperienza di chi in azienda ci ha passato gli anni, sporcandocisi le mani. Ovvio che -parlo per vita vissuta- uno che viene da una grande azienda prima di parlare con/per una PMI deve capire che anche se i principi sono simili, l'applicazione è molto diversa e c'è bisogno di molta più pragmaticità. Buona giornata.
Gianluca Celli
Scritto da: GianlucaCelli | martedì, marzo 26, 2013 a 12:02 p.