Il Nobel per l'economia a uno psicologo?
Leggi tutto su Alinea consulting
https://alinea-consulting.it/la-psicologia-e-il-marketing-di-domani-perche-thaler-ha-vinto-il-nobel-per-leconomia/
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Settembre è stato per me intensissimo e lo sarà anche ottobre. In questo periodo ho lavorato (in ordine sparso) con o per aziende nei settori più diversi:
e altre. Abbiamo trattato vari temi, tutti in ambito commerciale (la vendita è un argomento che mi appassiona sempre di più) ma uno in particolare è emerso come trasversale in tutti questi settori: la gestione (e se possibile il superamento) delle obiezioni in fase di presentazione e di trattativa.
Nei role play e nelle simulazioni con la telecamera, quasi sempre venditori e manager nel rivedersi si sorprendono, perchè all'obiezione del cliente ("non mi interessa", "ho già altri prodotti in assortimento", "è troppo caro") si irrigidiscono, smettono di sorridere, vanno in chiusura: il corpo non mente, e la reazione è di fastidio. Ma l'obiezione è una fase connaturata al processo di vendita, fa parte del gioco - non va repressa, ma accolta e gestita senza subirla: e il bravo venditore la trasforma in un'arma a suo favore. Come?
Quali sono i metodi per gestire l'obiezione? Suggerisco un approccio in 3 fasi:
Le fasi 1 e 2 sono controintuitive, e a molti sembrano una perdita di tempo. In realtà sono importantissime perchè:
Ricordiamo che il venditore assertivo (cioè sicuro di sè, nè aggressivo nè zerbino) non teme le obiezioni ma anzi le sollecita. Tanto meglio che il cliente ci faccia le obiezioni direttamente, e così ci dia modo di rispondere, piuttosto che se le tenga per sè e poi decida di non comprare.
Che ne dite? quali sono le vostre tecniche per gestire le obiezioni? Volete saperne di più? Parliamone.
"What gets measured gets managed"; si gestisce solo quello che si misura.
Oggi grazie a CRM e business intelligence, i responsabili vendite hanno a disposizione, almeno in teoria, una marea di dati: vendite passate e prospettiche, visite, telefonate, attività dei venditori (se tracciate), ecc ecc.
Fin troppi dati: il rischio è di annegare nei numeri e non vedere quelli giusti, anche se li hai sotto il naso.
Il rischio è anche assegnare KPI che anzichè incentivare i venditori ad un comportamento efficace, per gli effetti distorsivi della mente umana e della capacità prodigiosa di adattare gli obiettivi aziendali a quelli personali, possono addirittura produrre l'effetto contrario a quello sperato. Per questo trovare gli indicatori giusti è dunque di cruciale importanza. Ma come fare?
Prima di tutto alcune premesse fondamentali:
Ecco qui un estratto delle slide del mio workshop "Reportistica di vendita" che conduco in Confindustria.
Il workshop dura una giornata, comprende lezione frontale, lettura, casi ed esercitazioni e può essere erogato anche in azienda.
L'obiettivo è trovare i KPI giusti per facilitare il lavoro di venditori e responsabili ed evitare sprechi di tempo e risorse nell'inserire dati nel CRM e nel leggere e analizzare montagne di dati inutili.
Carissimi,
mi scuso per questa assenza prolungata, dovuta tra l'altro a un infortunio sugli sci (c'è chi dice che alla mia età meglio il fondo o le ciaspole, ma io non demordo...).
Ho lavorato comunque a progetti vari, uno dei quali prende ora forma. Si tratta di un percorso formativo in area commerciale dedicato a chi si deve occupare di vendita ma non ha una formazione specifica. Mi capitano spesso in aula brillanti giovani laureati in lingue con vocazione export, o tecnici (ingegneri, informatici, ecc.) bravissimi nel loro settore e che lo sarebbero ancora di più potenziando le loro capacità commerciali.
Per loro ho progettato questo percorso in 5 giornate, a Bergamo, di cui una sul publici speaking in codocenza con un bravissimo collega formatore-attore.
Uno dei miei corsi preferiti è quello sul Business Writing. Per comunicare bisogna scrivere: presentazioni aziendali, email a clienti, fornitori, colleghi e destinatari vari; per non parlare dei social, degli speech in occasione di eventi e convegni e via dicendo. Lavorare in azienda (salvo rare eccezioni) presuppone di saper comunicare per iscritto con chiarezza e incisività.
Articolare un pensiero, mettere gli argomenti in ordine logico ed esprimerli con scioltezza, proprietà di linguaggio e semplicità non sempre è facile, eppure è indispensabile. Ho scritto 6 libri, sono giornalista e la materia la domino abbastanza, ma ogni volta scrivere testi nuovi presenta le sue specificità e i suoi tranelli. Scrivere bene è una capacità che alcuni hanno più o meno innata, ma che si può sicuramente allenare e migliorare.
Leggo oggi sul blog della Harvard Business Review un articolo interessante, dal titolo "Stop trying to sound smart when you're writing" (smetti di cercare di suonare intelligente quando scrivi). In altre parole, se sei intelligente e scrivi bene, non hai bisogno di fare i salti mortali e i giri di parole quando scrivi. Per far ciò, è necessaria un po' di analisi preventiva. Prima di metterti a scrivere, pensa:
La sequenza, per memorizzarla facilmente, è: KNOW - THINK - FEEL - DO.
Una volta chiariti questi obiettivi (COSA e PERCHE scrivo) c'è tutta la tecnica di grammatica e struttura del testo (COME lo scrivo), altrettanto importante, e per allenare la quale c'è un solo modo: fare pratica ed esercitarsi.
La prossima settimana, venerdì 14 ottobre, sarò in aula a Milano presso la Fondazione IDI (Istituto Dirigenti Italiani) - di fronte alla Stazione Centrale, per un corso intensivo di una giornata sul business writing.
Ci sono ancora pochi posti, ed è un'occasione speciale perchè il corso costa solo €100 per i non iscritti a Fondazione IDI. Il corso è rivolto non solo a dirigenti e quadri, ma a tutti coloro che lavorano in azienda.
Con l'iscrizione annuale di €300 si accede però sia al corso di venerdì sia a tutti i corsi organizzati dalla Fondazione, tra cui diversi condotti da me su tematiche commerciali; a mio parere, un "affarone".
Per info telefonare a Daniela Monari 02-54123001 oppure scrivere a [email protected]
Il programma:
Faccio mio l'appello di Seth Godin in merito ai blog. E non solo perchè sono una blogger, ma perchè i blog sono diventati la mia principale forma di aggiornamento professionale (e anche di divertimento).
I blogger sono "citizen journalists", persone che scelgono di dedicare un po' del loro tempo alla condivisione dei loro pensieri e riflessioni su argomenti che possono avere valore per altri.
Scrivere un blog è anche un formidabile esercizio di comunicazione e di sintesi nella scrittura.
Ma leggere un blog, anzi tanti blog, è un modo per aprire la mente a costo zero.
Eppure le potenti forze del mondo web stanno boicottando questa democratica circolazione dei pensieri e delle idee.
Google ha tagliato il suo popolarissimo lettore di RSS Feed, Google Reader. E Gmail, il servizio mail di Google, manda automaticamente nella spam molti degli aggiornamenti dei blog, nel caso in cui anzichè un reader il lettore abbia preferito
l'inoltro via mail.
L'obiettivo? Costringere sempre più persone a pagare per avere la visibilità. Blogger come me costretti a usare Google AdWords per promuovere i propri contenuti.
Ma i RSS Feed non sono morti. Io uso, come Seth Godin consiglia, Feedly, utilissimo strumento gratuito con tanto di app. Grazie a Feedly non perdo gli aggiornamenti dei miei blog preferiti, da Harvard a Sartorialist (che leggo per diletto, mentre bevo il caffè al mattino e il cervello è ancora in stand-by).
Qui spiegavo cosa sono i feed e come funzionano. E qui spiegavo come abbonarsi al mio blog. Sostituite Google Reader con Feedly, e tutto quanto scritto allora vale ancora.
Come mai dopo una telefonata o un incontro il cliente non si fa più vivo? Ha rinviato l'acquisto o ha scelto altro? e se sì, perchè? il concorrente ha fatto un'offerta migliore della nostra o non siamo stati abbastanza bravi a spiegargli il nostro valore?
In ogni caso, meglio saperlo. Le informazioni di ritorno sia sulla concorrenza che sull'efficacia della nostra azione dei vendita sono preziose. Ma non sempre il cliente è sincero: per questo bisogna saper interpretare le sue risposte.
Come scrive oggi il solito geniale Seth Godin, "Learning from rejection", bisogna imparare dalle "bocciature". Senza però lasciarsi condizionare dalle critiche: meglio ascoltarle, interpretarle, metterle nella loro giusta luce e andare oltre.
Capita a proposito il post di oggi del blog di Seth Godin, poichè si apre a Milano il Salone del Mobile 2016.
Conosco bene il settore del mobile: da diversi anni collaboro con Federmobili per la formazione delle persone che lavorano nei negozi di arredamento (dipendenti e imprenditori).
In tempi di Ikea e di MondoConvenienza, che hanno coniugato il bisogno di arredare con low cost e funzionalità, il Salone del Mobile e il suo successo mondiale potrebbero sembrare un'incongruenza.
Le domande in merito all'arredamento di livello medio-alto sono tutte inevitabilmente collegate a 5 concetti-chiave: prezzo, valore, lusso, brand e status symbol.
Qual è il reale valore di un divano da € 3,000 o da €10,000? Quando il prezzo è un segnale di valore e quando non lo è? Il quale misura il valore del prodotto corrisponde al suo prezzo? Quale bisogno soddisfa un mobile di design da €5,000? La differenza in termini di valore tra un prodotto economico e un prodotto di lusso equivale alla differenza tra i relativi prezzi?
E a monte di tutto ciò: che cosa significa lusso? Seth Godin, il solito genio, ne dà una interessante descrizione qui.
Dice Seth nel post di oggi: l'equazione tra lusso ed esclusività, a prescindere dal reale valore del prodotto (che anzi a volte è mediocre), è pericolosa.
Se il prodotto si rompe spesso o funziona male (il divano che si sporca solo a guardarlo, la sedia bella ma scomoda), se il servizio è scadente (il venditore che non spiega o la fabbrica che consegna in ritardo), prima o poi succede questo: il cliente si chiede se ne vale veramente la pena, o se comprare il prodotto di "lusso" significa essere stupido.
Se ti senti stupido, dice Seth, il lusso o il brand diventano secondari.
Morale della favola: va bene il design, va bene il lusso, va bene il brand. Ma da soli non bastano, a meno che tu non ti chiami Prada o Vuitton.
Ci vogliono anche funzionalità, efficienza, customer service. E un po' di umiltà (qualità rara in certi ambienti).
NB nella foto si vede una vasca da bagno presentata al Salone. Bella? Dipende dai gusti. Comoda? Mah...
PS a proposito di mobili, segnalo i due seminari di mezza giornata l'uno che terrò il 2 maggio in Federmobili: "Non solo food and wine" sulla organizzazione e gestione degli eventi e "Il preventivo: grafica e impatto comunicativo".
Il segreto è nelle persone. Questo il succo dell'articolo pubblicato sul blog della Harvard Business View.
Parla del caso di successo di una catena fast food, Pal's Sudden Service ("il servizio improvviso di Pal"), che riesce a battere tutti i record di velocità e accuratezza (due delle caratteristiche che il cliente richiede in un ristorante del genere, insieme con la - scontata - qualità del cibo). Come fa?
Le risposte: attenzione alle persone. Sono le persone che "fanno" il servizio, che creano il cliente e in ultima analisi l'azienda e il suo successo (anche economico).
I segreti? Pochi e semplici, ma rivoluzionari (per certi versi):
Moda? Belle parole? Filosofia? No, risultati. Utili, fatturato, turnover bassissimo. La gente resta - e lavora, e si fa "il mazzo" - perchè sta bene (non solo per quello che guadagna).
Riporto la chiusura dell'articolo, bellissima e sintetica.
Al capo della Pal's Sudden Service è stato chiesto: "Cosa succede se investi tutto questo tempo e soldi nella formazione alle persone, e loro se ne vanno?"
Risposta: "E cosa succede se NON investiamo tempo e soldi nella formazione, e loro restano? (magari col muso, e trattano il cliente non al meglio ma secondo gli umori del momento?)"
Il gioco - della formazione e della cura alle persone - vale la candela.
La Camera di Commercio di Monza (Formaper) ospita il 2 dicembre nel pomeriggio un incontro gratuito sul tema del Pricing
Parleremo di:
- modalità di calcolo dei costi e dei prezzi: margine e ricarico
- assumere una persona aumenta i costi: ma quanto devo vendere in più per potermelo permettere? Il punto di pareggio come strumento per prendere migliori decisioni commerciali
- i clienti non sono tutti uguali: quale cliente mi fa guadagnare di più? Segmentare la clientela in ottica di pricing.
L’incontro ha lo scopo di introdurre i partecipanti al controllo e alla misurazione degli elementi strategici che intervengono nella definizione del “prezzo di vendita di un prodotto/servizio”; gli esempi ed esercizi sono tratti dal mio libro "Pricing - Definire i prezzi" e dai casi raccolti in questi anni di consulenza in aziende di ogni tipo.
Ecco il programa e le informazioni per iscriversi
Scarica Pricing incontro 2 dicembre 2015 cciaa monza
Ci vediamo a Monza!
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